Storie di pazienti e persone del Meyer

Clelia, il “potere della ricerca” e quella grande spinta

Clelia è una grande sportiva e adesso è tornata alle sue regate. Ma il ricordo del suo ricovero al Meyer è ancora vicino e in occasione del suo compleanno ha deciso di ricordarlo con un gesto speciale

Clelia in questi giorni sta facendo una regata dopo l’altra con un' importante squadra agonistica di vela. Questo ci dice subito come sta: bene, adesso. Non deve neppure ritornare al Meyer per i controlli. Eppure non è lontano il tempo in cui è arrivata nell’ospedale pediatrico con una paresi alla parte destra del corpo. 
Poco dopo, la diagnosi: sindrome di Chiari, una malformazione rara causata da un'anomalia strutturale di una porzione del cranio (la fossa cranica posteriore), che risulta più piccola del normale.  Un intervento chirurgico condotto dal  dottor Lorenzo Genitori, direttore del Centro di eccellenza di Neurochirurgia del Meyer, ha risolto il problema e restituito Clelia alla sua vita di adolescente  e alla sua amatissima barca a vela.

Ha optato per l’intervento meno invasivo possibile, che è andato molto bene.

Sono stata ricoverata pochi giorni e di quel periodo ho un ricordo molto positivo, anche grazie alla professionalità e gentilezza di medici come il dottor Genitori, che si è sempre dimostrato empatico”. 

Clelia, fortunatamente, porta con sé un ricordo mite dei giorni del ricovero:

Tra gli altri momenti che mi sono rimasti impressi, ricordo quando si sono affacciati nella mia stanza  gli operatori della pet therapy:

facevo fatica a muovere il collo, ma la spinta a girarmi per avvicinarmi al cane me lo ha fatto muovere!”.
Per Clelia la scoperta della malattia ha avuto un significato “catartico”: “A 17 anni mi sono ritrovata a dover riorganizzare tutta la mia vita.

Per fortuna ho avuto una ripresa veloce, e mi sono sentita talmente fortunata che appena sono tornata ‘in pista’ mi sono gettata a capofitto nello studio e nello sport.

Una situazione brutta in partenza è servita a darmi una grandissima spinta”. Agli adulti piace chiamare questo concetto “resilienza”, ma bambini e ragazzi sono campioni di concretezza e costruiscono significati con grande linearità, semplicemente dando voce ai fatti del loro cuore.
Nelle parole di questa giovane velista, semplici e piene, c’è una profonda gratitudine e fiducia nei confronti dei medici e della scienza che rappresentano:

Per questo, in occasione del mio compleanno, sono tornata con il pensiero al Meyer e ho voluto organizzare una raccolta fondi via Facebook a sostegno della Fondazione.

Aggiunge: “Vivere l’ospedale mi ha lasciato tanto. Mi sono resa conto che con me avevano trovato la strada terapeutica migliore.

Questo penso sia il potere della ricerca, e per questo sono contenta di sostenerla.